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Archive for the ‘statalconservatori’ Category

L’elettorato italiano con il suo voto ha chiaramente indicato una maggioranza. Il titolare di questo blog ha sonoramente perso alla Camera e votato turandosi naso, orecchie e preservando da incursioni esterne il proprio posteriore il Popolo delle Libertà. Si potrebbe dire che “ho” vinto.

Ieri, poi, Alemanno da buon figlio della lupa è riuscito a battere il non malvagio Rutelli e a strappare, dopo 15 anni, il governo della città di Roma al Centrosinistra.

Ci sarebbe da sorridere (e un pò ho sorriso). Eppure non ci riesco, anzi ultimamente sono sempre più velocemente diretto verso uno stato di depressione politica.

C’è poco da dire, ai miei occhi l’inizio di questa legislatura non è peggiore, ma pessimo. E dire che l’aspettativa non poteva essere più bassa. Alcuni fattori… a caso:

  • l’elezione di Schifani a Presidente del Senato… cioè Schifani….
  • la futura elezione (promoveat ut removeat ?) di Gianfranco Fini a Presidente della Camera.

La prima cade su persona di cui ho bassissima stima, la seconda sembra più un modo di levarsi uno scomodo delfino dalle rotonde bocce. Certo, meno problemi, potrebbe non essere male. Ma poi faccio il paio con questa notizia e mi chiedo se Berlusconi in un modo o nell’altro non stia cercando di levarsi dai piedi tutti coloro che in un futuro non troppo lontano potrebbero sostituirlo. Della serie dietro di me il vuoto. Ho sempre creduto che la statura di un leader dipendesse anche da quanto attorno a se era in grado di far crescere una classe dirigente. Beh lo credo ancora e il buon Silvio non è certo un gigante.

Tra i piedi rimane solo Umberto Bossi e quello difficilmente si potrà accantonare. Oggi si vantava di aver dato lui il la a Bonomi (SEA) per fare l’alleanza con Lufthansam quasi fosse la Lega l’azionista di riferimento e non il Comune di Milano. Questo notizia sommata ad un’altra mi porta a chiedermi dove diavolo sia finito quel minimo di spirito liberale che Forza Italia ha mostrato, almeno a parole, negli anni scorsi.

Passare da uno statalismo di sinistra ad uno di destra è fare in modo che tutto cambi senza che niente cambi.

E’ solo un inizio, ma non è un bel vedere. La speranza è che siano solo temporanei effetti della sbornia da vittoria elettorale.

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Oggi sul Corriere della Sera c’è un articolo assolutamente da leggere. Questo di Piero Ostellino.

Ostellino analizza una delle principali contraddizioni cui è soggetta la  sinistra italiana quando parla di riformismo, apertura al mercato, riduzione della spesa e delle tasse. Tale contraddizione è questa:

La sinistra post-comunista […] non è più l’espressione di un’ideologia uscita sconfitta dalle «dure repliche» della storia. E’ una prassi di governo consolidatasi nel contesto di un sistema capitalistico all’interno del quale aveva già perso da tempo le sue antiche radici marxiane e ha assunto qualche cattiva abitudine. E’ uno strutturato sistema di potere, con le sue rendite di posizione, politiche, sociali, economiche, culturali. Non si tratta, dunque, di convincerla a prendere atto della sconfitta e della superiorità dell’economia di mercato come si fa nei convegni fra intellettuali. Ma […] convincerla a rischiare il crollo del proprio sistema di potere in quelle regioni e nel resto del Paese. […] Nessun sistema di potere, politico, sociale, economico, culturale che sia, programma e realizza il proprio suicidio

Al di là delle belle idee e dei bei discorsi il punto è proprio questo: ce davvero la volontà nel nuovo Partito Democratico di rompere con le logiche di potere che hanno ne garantito il successo poltico ed economico fino ad oggi, per prendere una strada diversa e, a breve termine, certamente più riscosa. Tutto il resto sono ciance alla Veltroni.
 

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Ieri ho scelto la destinazione del mio TFR, cioè degli unici soldi che vedrò quando andrò in pensione. Oggi trovo l’illuminante pensiero riguardo al TFR del lungimirante e progressista Ministro Ferrero che, purtroppo per noi, guida il Ministero della Solidarietà Sociale (un nome che già in sè fa rabbrividire):

(AGI) – Roma, 23 mag. – Meglio lasciare il Tfr in azienda che investirlo nei fondi pensione. E’ l’opinione del ministro della Solidarieta’ sociale, Paolo Ferrero, interpellato dai cronisti a margine di un convegno al Forum P.A.. “I lavoratori non si fidano dei diversi fondi – ha spiegato Ferrero – perche’ in questi anni hanno sentito di troppi fallimenti. Visto che la pensione e’ una cosa seria dove si investono risorse per anni, nessuno vuole arrivare dopo 30-40 anni, quando e’ piu’ debole, ad avere delle sorprese”. Per questo “se un lavoratore mi si avvicinasse – ha confessato il ministro – per un consiglio sul Tfr, gli direi di lasciarlo in azienda”. Ferrero ha anche ricordato l’ipotesi di “un fondo pensioni pubblico presso l’Inps in modo che tutti i lavoratori abbiano la possibilita’ di scegliere”, un punto del programma che “non e’ stato attuato. Ed e’ il motivo – ha sottolineato – per cui non ho votato il provvedimento sul Tfr”.

Ora lasciare il TFR in azienda garantisce un rendimento legato all’inflazione maggiorato di 1.5 punti percentuali. Non proprio il massimo. I fondi o possono permettere rendimeniti superiori, ma si sà che tutto ciò che è mercato non può che essere contro la solidarietà sociale e che sono l’INPS, cioè lo stato, può garantire quel celebroleso che per il ministro evidentemente è ogni lavoratore.

Caro ministro, il problema non sono in sè i fondi, se mai il fatto che ora come ora i fondi chiusi (in cui i sindacati hanno mani in pasta e voce in capitolo) sono in posizione privilegiata rispetto a quelli aperti e che in generale troppe sono le regole e i lacci che vincolano la destinazione del TFR. Certo, lo avete fatto per proteggere noi…. ma per favore….

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